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DPO

Premessa

Il Regolamento Europeo 679/2016, noto come GDPR, con i suoi aggiornamenti, impone alle aziende la definizione di un sistema di gestione per la sicurezza nel trattamento dei dati e per il rispetto della privacy delle parti interessate.

 

La nomina di un RPD, anche laddove non obbligatoria, è largamente caldeggiata dal legislatore europeo e dal Gruppo di lavoro sulla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento di dati personali, appositamente istituito, che ha emanato specifiche linee guida. La nomina di un RDP, in questo caso, potrà essere una misura di sicurezza che il titolare del trattamento potrà scegliere di applicare, in quanto figura dotata di particolare formazione ed esperienza in materia, che dunque coadiuva in maniera specifica il titolare del trattamento nel rispetto della normativa di riferimento e del regolamento generale sulla protezione dei dati.

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I RPD/DPO, oltre a favorire l’osservanza della normativa supportando il titolare o svolgendo valutazioni di impatto e audit in materia di protezione dei dati, fungono da interfaccia fra tutti i soggetti coinvolti: autorità di controllo, interessati, divisioni operative all’interno di un’azienda o di un ente.

 

Punto fondamentale della novità normativa è che i RPD/DPO non rispondono personalmente in caso di inosservanza del RGPD. L’onere di assicurare il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati, infatti, ricade sempre e comunque sul titolare del trattamento.

 

Inoltre, al titolare o al responsabile del trattamento spetta il compito fondamentale di consentire lo svolgimento efficace dei compiti cui il RPD/DPO è preposto, in piena autonomia e con risorse – economiche, materiali ed umane – sufficienti a svolgere in modo efficace i compiti cui è chiamato.

 

Il Cliente

  • E’ tenuto alla designazione obbligatoria del RPD/DPO nei termini previsti, rientrando nella fattispecie prevista dall’art. 37, par. 1, lett c) del RGPD e WP 243 - Linee-guida sui responsabili della protezione dei dati (RPD)

  • Ha deciso di dotare la propria azienda di un RPD/DPO;

 

La figura del DPO nel Regolamento Ue 2016/679 alla luce delle Linee guida del WP 29

Qualità ed obblighi del RPD ai fini della nomina

Il RPD/DPO è vincolato al segreto e alla riservatezza nell’esercizio delle proprie funzioni, conformemente al diritto nazionale e dell’Ue; tuttavia, gli obblighi di segreto e riservatezza non impediscono al RPD/DPO di contattare l’Autorità di controllo per fini di consulenza.

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Il RPD/DPO “è designato in funzione delle qualità professionali, in particolare della conoscenza specialistica della normativa e delle prassi in materia di protezione dei dati, e della capacità di assolvere i compiti di cui all’articolo 39”. Il livello necessario di conoscenza specialistica dovrebbe essere determinato in base ai trattamenti di dati effettuati e alla protezione richiesta per i dati personali oggetto di trattamento.

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Il livello di conoscenza specialistica richiesto tuttavia, non trova una definizione tassativa; piuttosto, deve essere proporzionato alla sensibilità, complessità e quantità dei dati sottoposti a trattamento. Per esempio, se un trattamento riveste particolare complessità oppure comporta un volume consistente di dati sensibili, il RPD/DPO avrà probabilmente bisogno di un livello più elevato di conoscenze specialistiche e di supporto. Ne consegue la necessità di una particolare attenzione nella scelta del RPD/DPO, in cui si tenga adeguatamente conto delle problematiche in materia di protezione dei dati con cui il singolo titolare deve confrontarsi.

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L’articolo 37, paragrafo 5, non specifica le qualità professionali da prendere in considerazione nella nomina di un RPD/DPO. Sono certamente qualità indispensabili la conoscenza da parte del RPD/DPO della normativa e delle prassi nazionali ed europee in materia di protezione dei dati e un’approfondita conoscenza del RGPD. Proficua anche la promozione di una formazione adeguata e continua rivolta ai RPD/DPO da parte delle Autorità di controllo.

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E’ utile la conoscenza dello specifico settore di attività e della struttura organizzativa del titolare (per esempio, in ambito pubblicistico); inoltre, il RPD/DPO dovrebbe avere sufficiente familiarità con le operazioni di trattamento svolte nonché con i sistemi informativi e le esigenze di sicurezza e protezione dati manifestate dal titolare.

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Per ‘capacità di assolvere i propri compiti’ si deve intendere sia quanto è legato alle qualità personali e alle conoscenze del RPD/DPO, sia quanto dipende dalla posizione del RPD/DPO all’interno dell’azienda o dell’organismo.

Le qualità personali dovrebbero comprendere, per esempio, l’integrità morale ed elevati standard deontologici; il RPD/DPO deve perseguire in via primaria l’osservanza delle disposizioni del RGPD.

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Il RPD/DPO svolge un ruolo chiave nel promuovere la cultura della protezione dei dati all’interno dell’azienda e contribuisce a dare attuazione a elementi essenziali del regolamento, quali i principi fondamentali del trattamento, i diritti degli interessati, la protezione dei dati sin dalla fase di progettazione e per impostazione predefinita, i registri delle attività di trattamento, la sicurezza dei trattamenti e la notifica e comunicazione delle violazioni di dati personali.

La funzione di RPD/DPO può essere esercitata anche in base a un contratto di servizi stipulato con una persona fisica o giuridica esterna all’organismo o all’azienda titolare/responsabile del trattamento. Trattandosi di persona giuridica, è indispensabile che ciascun soggetto appartenente alla persona giuridica operante quale RPD/DPO soddisfi tutti i requisiti; per esempio, è indispensabile che nessuno di tali soggetti versi in situazioni di conflitto di interessi. Pari importanza riveste il fatto che ciascuno dei soggetti in questione goda delle tutele previste dal RGPD: per esempio, non è ammissibile la risoluzione ingiustificata del contratto di servizi in rapporto alle attività svolte in quanto RPD/DPO, né è ammissibile l’ingiustificata rimozione di un singolo appartenente alla persona giuridica che svolga funzioni di RPD/DPO. Al contempo, si potranno associare le competenze e le capacità individuali affinché il contributo collettivo fornito da più soggetti consenta di rendere alla clientela un servizio più efficiente.

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Poteri e funzioni del RPD

Ai sensi dell’articolo 38 del RGPD, il titolare e il responsabile assicurano che il RPD/DPO sia “tempestivamente e adeguatamente coinvolto in tutte le questioni riguardanti la protezione dei dati personali”.

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E’ essenziale che il RPD/DPO sia coinvolto quanto prima possibile in ogni questione attinente la protezione dei dati. Per quanto concerne le valutazioni di impatto sulla protezione dei dati, il regolamento prevede espressamente che il RPD/DPO vi sia coinvolto fin dalle fasi iniziali e specifica che il titolare ha l’obbligo di consultarlo nell’effettuazione di tali valutazioni. La normalità nell’ambito della struttura dovrebbe essere un approccio che assicuri sempre il tempestivo e immediato coinvolgimento del RPD/DPO, tramite la sua informazione e consultazione fin dalle fasi iniziali. Ciò faciliterà l’osservanza del RGPD e il rispetto del principio di privacy e protezione dati fin dalla fase di progettazione.

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Inoltre, è importante che il RPD/DPO sia annoverato fra gli interlocutori all’interno della struttura suddetta, e che partecipi ai gruppi di lavoro che volta per volta si occupano delle attività di trattamento. Appare fondamentale, ancora, la comunicazione ufficiale della nomina del RPD/DPO a tutto il personale, in modo da garantire che la sua presenza e le sue funzioni siano note all’interno dell’azienda.

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Ciò significa che occorrerà garantire, per esempio: che il RPD/DPO sia invitato a partecipare su base regolare alle riunioni del management di alto e medio livello; la presenza del RPD/DPO ogniqualvolta debbano essere assunte decisioni che impattano sulla protezione dei dati; che il parere del RPD/DPO riceva sempre la dovuta considerazione; che il RPD/DPO sia consultato tempestivamente qualora si verifichi una violazione dei dati o un altro incidente.

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In caso di disaccordi, il Gruppo di Lavoro raccomanda, quale buona prassi, quella di documentare le motivazioni che hanno portato a condotte difformi da quelle raccomandate dal RPD/DPO.

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Importantissimo sottolineare che il RGPD obbliga il titolare o il responsabile a sostenere il RPD/DPO “fornendogli le risorse necessarie per assolvere tali compiti e accedere ai dati personali e ai trattamenti e per mantenere la propria conoscenza specialistica”. Ciò, al fine di non vanificare, di fatto, i poteri conferiti e non trasformare tale nomina in un mero adempimento burocratico.

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Tale principio si traduce, in modo particolare, nelle indicazioni seguenti: supporto attivo delle funzioni del RPD/DPO da parte del management; tempo sufficiente per l’espletamento dei compiti affidati al RPD/DPO (ciò riveste particolare importanza se il RPD/DPO viene designato con un contratto part-time, oppure se il dipendente si occupa di protezione dati oltre a svolgere altre incombenze. In caso contrario, il rischio è che le attività cui il RPD/DPO è chiamato finiscano per essere trascurate a causa di conflitti con altre priorità. Una prassi da raccomandare consiste nel definire la percentuale del tempo lavorativo destinata alle attività di RPD/DPO quando quest’ultimo svolga anche altre funzioni. Un’altra buona prassi consiste nello stabilire il tempo necessario per adempiere alle relative incombenze, definire il livello di priorità spettante a tale incombenze, e prevedere che il RPD/DPO stesso rediga un piano di lavoro). E’ indispensabile, inoltre, che sia fornito un supporto adeguato in termini di risorse finanziarie, infrastrutture (sede, attrezzature, strumentazione) e, ove opportuno, personale; si ripete, essenziale appare la comunicazione ufficiale della nomina del RPD/DPO a tutto il personale, in modo da garantire che la sua presenza e le sue funzioni siano note a tutti; accesso garantito ad altri servizi (risorse umane, ufficio giuridico, IT, sicurezza, ecc.) così da fornire al RPD/DPO supporto, informazioni e input essenziali; formazione permanente. I RPD/DPO dovrebbero avere la possibilità di curare il proprio aggiornamento, al fine di consentire un incremento continuo del livello di competenze; dovrebbero essere incoraggiati a partecipare a corsi di formazione su materie attinenti alla protezione dei dati e ad altre occasioni di professionalizzazione.

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Inoltre, alla luce delle dimensioni e della struttura della singola azienda / organismo, può risultare necessario costituire un ufficio o un gruppo di lavoro RPD/DPO (formato dal RPD/DPO stesso e dal personale a sua disposizione). In casi del genere, è opportuno definire con precisione la struttura interna del gruppo di lavoro nonché i compiti e le responsabilità individuali. Analogamente, se la funzione di RPD/DPO viene esercitata da un fornitore di servizi esterno all’azienda, potrà aversi la costituzione di un gruppo di lavoro formato da soggetti operanti per conto di tale fornitore e incaricati di svolgere le funzioni di RPD/DPO sotto la direzione di un responsabile che funga da contatto per il cliente.

In linea di principio, quanto più aumentano complessità e/o sensibilità dei trattamenti, tanto maggiori devono essere le risorse messe a disposizione del RPD/DPO.

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Garanzie del RDP

L’articolo 38, terzo paragrafo, fissa alcune garanzie essenziali per consentire ai RPD/DPO di operare con un grado sufficiente di autonomia ed indipendenza. In particolare, il titolare è tenuto ad assicurare che il RPD/DPO “non riceva alcuna istruzione per quanto riguarda l’esecuzione di tali compiti”. Inoltre, i RPD/DPO “dipendenti o meno del titolare del trattamento, dovrebbero poter adempiere alle funzioni e ai compiti loro incombenti in maniera indipendente”.

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Ciò significa che il RPD/DPO, nell’esecuzione dei compiti attribuitigli, non deve ricevere istruzioni sull’approccio da seguire, nè sui risultati attesi; deve avere perfetta autonomia sulle modalità di conduzione degli accertamenti; non deve ricevere indicazioni sulla scelta di consultare o meno l’autorità di controllo. Inoltre, non deve ricevere istruzioni sull’interpretazione da dare a una specifica questione. E’ evidente il rischio che tali disposizioni rischino di tramutarsi, nella realtà, in mere affermazioni di principio.

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Tuttavia, è bene ribadire un concetto importante, che serve, d’altro canto, a bilanciare l’importanza ed il ruolo del RDP, nell’ambito delle responsabilità del titolare: l’autonomia del RPD/DPO non implica che egli possa agire con autonomia decisionale, al di là di quanto consentito nell’articolo 39. Il titolare o il responsabile mantengono su di sé la piena responsabilità dell’osservanza della normativa in materia di protezione dei dati, ragion per cui dovrebbero avere – proprio al fine di tutelare se stessi – tutto l’interesse a che il RDP svolga le funzioni attribuitegli con la massima autonomia e con tutte le proprie capacità.

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In ogni caso, se il titolare o il responsabile assumono decisioni incompatibili con le indicazioni fornite dal RPD/DPO, quest’ultimo deve avere la possibilità di manifestare il proprio dissenso.

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L’articolo 38, terzo paragrafo, prevede, inoltre, che il RPD/DPO “non è rimosso o penalizzato dal titolare del trattamento o dal responsabile del trattamento per l’adempimento dei propri compiti”.

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Vi è un divieto, in altri termini, di licenziare o sanzionare il RDP, letteralmente ‘per l’adempimento dei propri compiti’. Tale prescrizione, che mira, chiaramente, a potenziare l’autonomia del RPD/DPO e ad assicurarne l’indipendenza, sarà, con ogni probabilità ed a lungo andare, fonte di nutrito contenzioso in caso di licenziamento / scioglimento del rapporto di lavoro / collaborazione che lega il titolare o il responsabile con il RDP.

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Il divieto di licenziamento / penalizzazioni menzionato si applica solo con riguardo a quelle penalizzazioni eventualmente derivanti dallo svolgimento dei compiti propri del RPD/DPO. Per esempio, un RPD/DPO può ritenere che un determinato trattamento comporti un rischio elevato e quindi raccomandare al titolare di condurre una valutazione di impatto, ma questi ultimi non concordano con la valutazione del RPD/DPO. Ancor più gravemente: il RDP potrebbe voler consultare l’autorità di controllo su una determinata questione, ed il titolare potrebbe essere fermamente contrario. In casi del genere, il RPD/DPO non può essere rimosso dall’incarico per avere agito in autonomia.

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Le penalizzazioni potrebbero assumere molte forme: a solo titolo di esempio, potrebbe trattarsi di mancata o ritardata promozione, di mancata concessione di incentivi rispetto ad altri dipendenti, o altro. E’ chiaro che anche solo la minaccia della penalizzazione in rapporto alle attività svolte dal RDP, implica già di per sé – ovviamente se dimostrata, nell’ambito della normale distribuzione dell’onere probatorio – violazione della norma.

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Viceversa, ed in conformità a quanto previsto dalle normali regole di diritto penale e del lavoro, applicabili a ogni altro dipendente o fornitore, è sempre possibile interrompere il rapporto con il RPD/DPO per motivazioni che esulano dallo svolgimento dei compiti che gli sono propri: per esempio, in caso di furto, molestie, ovvero gravi inadempimenti o violazioni deontologiche.

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Certo è che il margine di indeterminatezza che lascia la norma implica la possibilità, in caso di licenziamento – ad esempio – per una reale incapacità, ritenuta dal titolare, del RDP nello svolgimento delle sue mansioni, di vedere facilmente adito il Giudice competente da parte dello stesso RDP, al fine di ottenere l’annullamento del subìto licenziamento o atto equivalente. La volontà del legislatore europeo, chiaramente espressa in questa norma, di tutelare il RDP nello svolgimento delle sue funzioni, lascia aperto un punto interrogativo e rischia, nella prassi, di comportare, come altra faccia della medaglia, una quasi inviolabilità ed intoccabilità del RDP dal suo ruolo, non potendo egli, come detto, essere rimosso o penalizzato ‘per l’adempimento dei propri compiti’.

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